domenica 9 luglio 2017

Personale: le nuove maglie strette del piano triennale dei fabbisogni


Tra le varie componenti della riforma Madia, la riformulazione dell’articolo 6 del d.lgs 165/2001 appare quella più impattante.
In molti stanno sottovalutando la portata della norma, spesso considerata come una riscrittura dei preesistenti obblighi di programmare le assunzioni, sulla base di una spesa per dotazione organica, ritenendo equivalente all’ante riforma la circostanza che la dotazione organica medesima sia evidenziata a valle piuttosto che a monte della programmazione.

A meglio vedere, non si tratta di una riforma solo nominalistica degli stessi strumenti. La novellazione dell’articolo 6 del d.lgs 165/2001 cambia molto, se non tutto. Con l’efftto, certamente voluto, di imbrigliare a regime l’autonomia delle amministrazioni nelle assunzione, chiudendo moltissimi degli spazi fino alla riforma potenzialmente aperti.
Le rilevantissime modifiche al sistema che tutti conoscono stanno tutte nell’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 6, ove si dispone: “Il piano triennale indica le risorse finanziarie destinate all'attuazione del piano, nei limiti delle risorse quantificate sulla base della spesa per il personale in servizio e di quelle connesse alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente”.
Ciò significa che una volta entrato in vigore il sistema (occorre attendere i 90 giorni del termine ordinatorio concesso dal d.lgs 75/2017 al Dipartimento della funzione pubblica per emanare le linee di indirizzo attuative della programmazione dei fabbisogni), non sarà più possibile programmare le assunzioni sulla base della dotazione organica.
Cerchiamo di essere più chiari, richiamandoci alle abitudini operative vigenti. Fin qui la programmazione è stata effettuata (forse non del tutto correttamente) in funzione della dotazione organica: ponendo che la dotazione preveda 100 dipendenti, dei quali in servizio 70, la programmazione altro non era se non le modalità di copertura dei 30 posti vacanti, influenzate ovviamente dai vari tetti al turn over vigenti di volta in volta.
Non a caso si trattava di una pura e semplice programmazione delle assunzioni: dato per assodato che gli enti dovessero attenersi alle indicazioni della dotazione organica, i suoi vuoi sono la guida per programmare le assunzioni. E’, inoltre, evidente che poiché nella maggior parte dei casi le dotazioni sono ancora figlie di stime molto risalenti nel tempo, connesse ad altri metodi di lavoro e produzione e ad altre disponibilità di risorse, l’assottigliarsi di queste e soprattutto i blocchi delle assunzioni e delle spese hanno fatto sì che in generale quasi in tutti gli enti la dotazione organica “di fatto”, cioè i dipendenti effettivamente in ruolo, sia molto inferiore a quella di diritto, approvata con gli atti organizzativi degli enti. Pertanto, ben difficilmente la programmazione delle assunzioni può evidenziare situazioni di eccedenza del personale, tali da far scattare la procedura prevista dall’articolo 33 del d.lgs 165/2001.
La programmazione dei fabbisogni regolata dalla riforma è un meccanismo completamente diverso.
Il piano triennale dei fabbisogni si articola in altro modo, come si legge sempre nel comma 2 dell’articolo 6: “le amministrazioni pubbliche adottano il piano triennale dei fabbisogni di personale, in coerenza con la pianificazione pluriennale delle attività e della performance, nonché con le linee di indirizzo emanate ai sensi dell'articolo 6-ter. Qualora siano individuate eccedenze di personale, si applica l'articolo 33. Nell'ambito del piano, le amministrazioni pubbliche curano l'ottimale distribuzione delle risorse umane attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilità e di reclutamento del personale, anche con riferimento alle unità di cui all'articolo 35, comma 2. Il piano triennale indica le risorse finanziari”.
Dunque, occorre:
1)                 definire le attività amministrative da svolgere nell’arco di tre anni (il piano è scorrevole: il primo anno è quello finanziario ed ogni anno va aggiornato; conoscere le attività amministrative da gestire è fondamentale per poter tarare il personale necessario; ed è con la pianificazione triennale che si attivano gli indirizzi per il ciclo della valutazione degli obiettivi;
2)                 adottare il piano triennale coerentemente con la definizione delle attività pluriennali; queste attività andranno distinte in attività da rendere in modo continuativo e, dunque, da soddisfare con contratti di lavoro a tempo indeterminato e attività, invece, connesse ad esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale, come previsto dall’articolo 36, comma 2, del d.lgs 165/2001;
3)                 dimostrare, nei fatti, che per quelle attività programmate è effettivamente necessaria la presenza in servizio di quella quantità e qualità di personale; sostanzialmente, ogni anno il piano triennale deve spiegare perché non si attiva l’articolo 33 del d.lgs 165/2001.
Nel regime vigente, vale l’inversione della prova: a dotazione organica data, sempre maggiore del plafond dei dipendenti in servizio, si deve dimostrare che nonostante i vuoi della dotazione stessa vi siano i presupposti per l’eccedentarietà del personale. Nel nuovo sistema, è la pianificazione a dover dimostrare, anno per anno, che effettivamente il personale è necessario per l’esercizio delle attività di istituto.
Proprio perché è una valutazione costantemente aggiornata di anno in anno, essa può modificarsi nel tempo. L’evoluzione tecnologica, per esempio, può evidenziare che una certa attività non debba più essere svolta con la medesima provvista di personale, magari sostituibile con processi lavorativi telematici; allo stesso modo, una medesima attività lavorativa può essere spinta dal progresso operativo e formativo a richiedere un profilo professionale diverso da quello precedente, che potrebbe risultare necessario sopprimere.
Quindi, nel nuovo sistema la dotazione organica cessa di avere la centralità attualmente prevista.
Infatti, il comma 3 dell’articolo 6 novellato del d.lgs 165/2001 dispone: “In sede di definizione del piano di cui al comma 2, ciascuna amministrazione indica la consistenza della dotazione organica e la sua eventuale rimodulazione in base ai fabbisogni programmati e secondo le linee di indirizzo di cui all'articolo 6-ter, nell'ambito del potenziale limite finanziario massimo della medesima e di quanto previsto dall'articolo 2, comma 10-bis, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, garantendo la neutralità finanziaria della rimodulazione. Resta fermo che la copertura dei posti vacanti avviene nei limiti delle assunzioni consentite a legislazione vigente”.
Quindi, se oggi i fabbisogni sono funzionali alla dotazione organica e di fatto finiscono per coincidere con i suoi posti vacanti, domani sarà vero il contrario: la dotazione organica si costruisce a valle della pianificazione dei fabbisogni. Concretamente, la dotazione organica altro non sarà se non una fotografia del personale in servizio, anche se ogni anno si dovrà scattarla nuovamente, perché sul piano qualitativo e quantitativo qualche figura presente nell’immagine potrà modificarsi, sparire o aggiungersi.
Allora, tornando a quanto dispone l’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 6 del d.lgs 165/2001, in estrema sintesi, invece della dotazione organica in futuro avremo una pianificazione basata su due grandezze:
1)                 il personale in servizio, connesso dalla pianificazione alle funzioni ed attività da svolgere (in sostanza si tratta della “vecchia” dotazione di fatto);
2)                 gli spazi assunzionali utilizzabili se la pianificazione triennale evidenzia necessità lavorative che richiedano un maggiore apporto di personale, da dimostrare compiutamente anno per anno.
Il sistema, come rilevato prima, quindi nel lungo periodo finisce per fotografare la consistenza del personale in servizio; di fatto, potrebbero non essere più necessari tetti al turn over in futuro, perché gli spazi per completare la dotazione organica saranno legati solo a regole che definiscano la spesa di volta in volta consentita per assumere qualche dipendente in più, sempre che la pianificazione triennale dei fabbisogni dimostri realmente che sia necessario.
Allo scopo, occorre una profondità di analisi notevole. Non basta certamente affermare in termini genericin ed indimostrati che per un certo servizio servano 5 dipendenti. Proprio la connessione stretta tra pianificazione e pianificazione dei risultati ci chiarisce che le amministrazioni dovranno ragionale per “prodotti” delle attività da svolgere. Per ciascuno di questi prodotti si dovrà conoscere il necessario input di risorse umane in termini di:
a)      qualità: cioè valutazione della competenza necessaria, da tradurre in profilo professionale;
b)      quantità: ore di lavoro necessarie per garantire, nell’anno, lo standard di produzione da definire.
Facciamo un esempio pratico. Per classificare 1000 alberghi, l’ente preposto deve sapere che:
a)                  occorre un funzionario che organizzi il lavoro, gestisca il personale, si prenda cura delle istruzioni operative, dello studio delle norme, della cura di alcune pratiche con i comuni e i Suap, del contenzioso; essendo dedicato a tempo pieno a tali attività, si possono prevedere 1720 ore lavoro;
b)                 per ogni classificazione, che richiede lo studio preliminare delle istanze, delle planimetrie e l’uscita nelle strutture, nonché la formulazione della proposta, occorrono, in media 4 ore (molte delle quali dedicate alla visita ispettiva; si teatta di 4 ore medie, perché le dimensioni delle strutture sono ovviamente mutevoli);
c)                  essendo 1000 le strutture da classificare, il fabbisogno orario è di 4000 ore, che corrispondono a 2,5 unità lavorative equivalenti, che è opportuno far salire a tre, considerando che le 1720 ore sono disponibili solo in astratto, ma occorre ridurle a 1500 annue, a causa di assenze per permessi, malattie ed altre cause.
Per ogni ufficio e servizio occorrerà ragionare in questi termini e costruire, così, dal basso i fabbisogni delle attività, per giungere alla pianificazione triennale complessiva.
E’ evidente che vi sono servizi per i quali simili operazioni risulteranno molto più difficili: si pensi, ad esempio, ai servizi sociali dove determinare un “prodotto” ed uno standard operativo appare difficile, anche se si possono prendere a riferimento per alcune attività (come colloqui di orientamento) i livelli essenziali delle prestazioni definiti dalle regioni nei progetti finanziari col Fase.
Altrettanto chiaro è che per giungere alla definizione accurata dei fabbisogni, così costruiti, occorreranno anni: si spera che le linee di indirizzo della Funzione Pubblica possano accelerare e rendere trasparente il processo nel suo insieme.
Andiamo, però, alle incongruenze ed ai problemi che, immancabilmente, le riforme producono.
Leggiamo cosa prevede l’articolo 110, comma 1, del d.gls 267/2000: “Lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato. Per i posti di qualifica dirigenziale, il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi definisce la quota degli stessi attribuibile mediante contratti a tempo determinato, comunque in misura non superiore al 30 per cento dei posti istituiti nella dotazione organica della medesima qualifica e, comunque, per almeno una unità. […]”.
E leggiamo il secondo comma: “Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, negli enti in cui è prevista la dirigenza, stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, contratti a tempo determinato per i dirigenti e le alte specializzazioni, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento del totale della dotazione organica della dirigenza e dell'area direttiva e comunque per almeno una unità. Negli altri enti, il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, solo in assenza di professionalità analoghe presenti all'interno dell'ente, contratti a tempo determinato di dirigenti, alte specializzazioni o funzionari dell'area direttiva, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento della dotazione organica dell'ente arrotondando il prodotto all'unità superiore, o ad una unità negli enti con una dotazione organica inferiore alle 20 unità”.
Le due disposizioni non risulteranno più coordinabili con la sostanziale coincidenza della dotazione organica con il personale in servizio, perché:
1)  il comma 1 dell’articolo 110 è un sistema per coprire, sia pure a tempo determinato, posti vacanti della dotazione organica; ma, il nuovo sistema annulla l’esistenza di posti vacanti della dotazione e consente solo di assumere nei limiti degli spazi finanziari previsti di volta in volta dalle regole sulle assunzioni. Poiché la percentuale di zero dà come risultato zero, sembra necessario dover concludere che le assunzioni di dirigenti a contratto potranno avvenire solo entro gli spazi assunzionali, purchè i fabbisogni lo prevedano (ma, poi, su questo si ritornerà);
2)  il comma 2 è un sistema per avvalersi di dirigenti da incaricare in servizi non gestiti in via ordinaria; ma anche in questo caso la percentuale di una dotazione che non esiste come risultato dà zero; si deve concludere che, quindi, non esisterà più la fattispecie dei dipendenti assumibili a contratto “extra dotazione”, ma solo per fabbisogni temporanei, finanziabili con le risorse a questo scopo destinate attualmente dall’articolo 9, comma 28, del d.l. 78/2010, convertito in legge 122/2010.
Torniamo, come preannunciato, alla possibilità di assumere dirigenti o funzionari a contratto. Se è corretto, come appare, condizionare l’applicazione dell’articolo 110 alla pianificazione triennale dei fabbisogni, appare piuttosto difficile coprire un fabbisogno solo a tempo determinato, se esso è stabile. Una pianificazione corretta e seria dei fabbisogni ordinari, richiede l’assunzione in ruolo e non un rimedio temporaneo come un contratto a tempo determinato.
In realtà, nell’attuale sistema basato sulla dotazione organica, l’articolo 110 del Tuel, come l’articolo 19, comma 6, del d.lgs 165/2001, intende essere un rimedio all’assenza nella provvista di personale presente nella dotazione organica di professionalità effettivamente necessarie per la direzione di una certa struttura o per l’alta professionalità da svolgere. Laddove l’organizzazione del personale si fondi su uno schema astratto e statico, come i posti della dotazione organica dando per scontato che essa comunque non sia mai totalmente coperta, può anche essere giustificabile una sua copertura temporanea con un incarico a contratto che rimedi alla carenza di professionalità nei dirigenti in ruolo.
Ma, il nuovo sistema della pianificazione triennale, partendo dall’assunto che nella provvista di personale in servizio manchi davvero la professionalità richiesta, la programmazione dovrebbe necessariamente giungere alla sua attuazione mediane una copertura stabile del fabbisogno.
L’articolo 110, comma 1, insomma, perde la già ben poca coerenza con l’attuale sistema, una volta che si ragioni per fabbisogni e non per dotazioni organiche staticamente predisposte.
A meno che il legislatore non comprenda la necessità di un intervento normativo di coordinamento estremamente urgente, si apriranno spazi enormi a nuovi contenziosi e questioni interpretative infiniti.

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