sabato 13 gennaio 2018

L’evergreen del dubbio sulla possibilità di stabilizzare articoli 110 e 90


Per quanto le norme o la loro interpretazioni giurisprudenziale e tecnica possano risultare chiare, le stabilizzazioni porteranno dietro di sé sempre la domanda: è possibile stabilizzare un dipendente incaricato ai sensi dell’articolo 110 del d.lgs 267/2000?

La domanda torna in auge, ore che, nel 2018, parte l’ennesima ondata di stabilizzazioni prevista dal d.lgs 75/2017.
Il quesito viene egualmente posto, nonostante questa volta il legislatore sia stato piuttosto chiaro nell’escludere l’eventualità.
Leggiamo, in proposito, alcuni dei commi fondamentali dell’articolo 20 del d.lgs 75/2017:
-       1. Le amministrazioni, al fine di superare il precariato, ridurre il ricorso ai contratti a termine e valorizzare la professionalità acquisita dal personale con rapporto di lavoro a tempo determinato, possono, nel triennio 2018-2020, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di cui all'articolo 6, comma 2, e con l'indicazione della relativa copertura finanziaria, assumere a tempo indeterminato personale non dirigenziale che possegga tutti i seguenti requisiti […]”;
-       2. Nello stesso triennio 2018-2020, le amministrazioni, possono bandire, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di cui all'articolo 6, comma 2, e ferma restando la garanzia dell'adeguato accesso dall'esterno, previa indicazione della relativa copertura finanziaria, procedure concorsuali riservate, in misura non superiore al cinquanta per cento dei posti disponibili, al personale non dirigenziale che possegga tutti i seguenti requisiti”.
Osserviamo che il d.lgs 75/2017 fornisce in maniera molto evidente, anche se in queste norme fin qui citate, non esplicita, un’indicazione: non è consentito stabilizzare personale, evidentemente assunto con incarichi a tempo determinato, avente qualifica dirigenziale.
Non ci sarebbe bisogno alcuno, dunque, di precisare ulteriormente che non sono stabilizzabili, mai, i dirigenti “a contratto”, acquisiti negli enti locali in base alla combinazione delle norme contenute nell’articolo 110 del d.lgs 267/2000 e dell’articolo 19, comma 6, del d.lgs 165/2001.
Si tratta, forse, di una novità? A leggere le regole delle precedenti ondate di stabilizzazioni non si direbbe.
Leggiamo le disposizioni dell’articolo 1, comma 558, della legge 296/2006: “A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli enti di cui al comma 557 fermo restando il rispetto delle regole del patto di stabilità interno, possono procedere, nei limiti dei posti disponibili in organico, alla stabilizzazione del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge, nonché del personale di cui al comma 1156, lettera f), purché sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge. Alle iniziative di stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato mediante procedure diverse si provvede previo espletamento di prove selettive”.
Per caso, allora, uno spiraglio per la stabilizzazione del personale dirigenziale “a contratto” è stata riscontrabile nel corpo delle disposizioni dell’articolo 3 della legge 244/2007? Anche in questo caso, la piana lettura del comma 94 di detto articolo 3 pare escluderlo: “Fatte comunque salve le intese stipulate, ai sensi dei commi 558 e 560 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, prima della data di entrata in vigore della presente legge, entro il 30 aprile 2008, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, predispongono, sentite le organizzazioni sindacali, nell’ambito della programmazione triennale dei fabbisogni per gli anni 2008, 2009 e 2010, piani per la progressiva stabilizzazione del seguente personale non dirigenziale, tenuto conto dei differenti tempi di maturazione dei presenti requisiti […]”.
La lettura dell’articolo 4, comma 6, del  d.l. 101/2013, convertito in legge 125/2013, dovrebbe fornire l’ultima conferma: “A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2016, al fine di favorire una maggiore e più ampia valorizzazione della professionalità acquisita dal personale con contratto di lavoro a tempo determinato e, al contempo, ridurre il numero dei contratti a termine, le amministrazioni pubbliche possono bandire, nel rispetto del limite finanziario fissato dall'articolo 35, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, a garanzia dell'adeguato accesso dall'esterno, nonché dei vincoli assunzionali previsti dalla legislazione vigente e, per le amministrazioni interessate, previo espletamento della procedura di cui all'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, procedure concorsuali, per titoli ed esami, per assunzioni a tempo indeterminato di personale non dirigenziale riservate esclusivamente a coloro che sono in possesso dei requisiti di cui all'articolo 1, commi 519 e 558, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e all'articolo 3, comma 90, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nonché a favore di coloro che alla data di pubblicazione della legge di conversione del presente decreto hanno maturato, negli ultimi cinque anni, almeno tre anni di servizio con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato alle dipendenze dell'amministrazione che emana il bando, con esclusione, in ogni caso, dei servizi prestati presso uffici di diretta collaborazione degli organi politici. Il personale non dirigenziale delle province, in possesso dei requisiti di cui al primo periodo, può partecipare ad una procedura selettiva di cui al presente comma indetta da un'amministrazione avente sede nel territorio provinciale, anche se non dipendente dall'amministrazione che emana il bando. Le procedure selettive di cui al presente comma possono essere avviate solo a valere sulle risorse assunzionali relative agli anni 2013, 2014, 2015 e 2016, anche complessivamente considerate, in misura non superiore al 50 per cento, in alternativa a quelle di cui all'articolo 35, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Le graduatorie definite in esito alle medesime procedure sono utilizzabili per assunzioni nel quadriennio 2013-2016 a valere sulle predette risorse. Resta ferma per il comparto scuola la disciplina specifica di settore”.
Dunque, pare inevitabile concludere che l’articolo 20, commi 1 e 2, del d.lgs 75/2017 risulti in completa ed assoluta linea di continuità con i suoi “predecessori” nell’escludere dalle procedure di stabilizzazione il personale avente qualifica dirigenziale. Il che consente, con poca fatica, di sostenere l’illegittimità della stabilizzazione degli incarichi dirigenziali a contratto disciplinati dall’articolo 110, commi 1 e 2, del d.lgs 267/2000 e dall’articolo 19, comma 6, del d.lgs 165/2001.
Il diavolo, però, spesso, si afferma che stia nei dettagli. Soprattutto quando si ha intenzione di applicare il diritto non per quello che è, bensì per quello che si vorrebbe fosse.
Molte amministrazioni locali vivono l’articolo 110 del Tuel non come norma assolutamente eccezionale, posta a rimediare in modo transeunte a mancanze di professionalità da acquisire, poi, stabilmente nel rispetto dell’articolo 97 della Costituzione. No. Gli amministratori sono irresistibilmente attratti dalla lettura della disposizione come una chiave che consenta loro di aggirare l’obbligo di concorso, ed assumere per chiamata diretta, intuitu personae, dirigenti a loro graditi.
Nel passato lo hanno fatto a piene mani. La previsione, introdotta nel 2014, di un limite del 30% non ha certamente scalfito il modo di guardare all’articolo 110, mentre la previsione, sempre inserita nel 2014, di far precedere gli incarichi da una “selezione pubblica volta ad accertare, in capo ai soggetti interessati, il possesso di comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie oggetto dell' incarico” dà il “la” molte volta ad una farsetta: la raccolta (in fretta e furia, con pochissimi giorni di pubblicazione degli avvisi) di qualche curriculum, dai quali estrarre, petalo da petalo, una rosa di curriculum, consegnati al sindaco perché possa scegliere, tra essi, guarda caso quello, immancabile, esattamente della persona gradita.
La voglia, quindi, di stabilizzare i dirigenti cooptati direttamente e tenere, così, un “baluardo” anche successivamente all’eventuale mancata riconferma elettorale, è tantissima.
Quindi, nonostante la chiarezza e univocità delle norme non sono mancate stabilizzazioni di qualifiche dirigenziali, per quanto totalmente illegittime.
Ma, c’è un altro “dettaglio” proveniente direttamente dagli inferi: l’articolo 110 del d.lgs 267/2000 non limita gli incarichi “a contratto” alle sole qualifiche dirigenziali, perché consente di reclutare anche i vertici amministrativi negli enti privi di tali qualifiche.
Il che ha fatto spessissimo concludere per la possbilità di stabilizzare i dipendenti assunti per mezzo dell’articolo 110, visto che non dotati della qualifica dirigenziale.
Una tesi, questa, connessa appunto al “dettaglio”: l’assenza, nella pregressa legislazione, di una norma che affermasse in modo esplicito il divieto di stabilizzare qualsiasi incarico conferito ai sensi dell’articolo 110, avesse o meno la qualifica dirigenziale.
Tuttavia, tale tesi è sempre risultata temeraria e sbagliata, perché fondata su un criterio ermeneutico non contemplato in giurisprudenza: l’interpretazione “a convenienza”. Che spesso è l’interpretazione pelosa, che si fissa su ciò che la norma non afferma esplicitamente, senza andare, però, a coordinare quanto affermato esplicitamente col resto dell’ordinamento. Si tratta della un po’ più faticosa interpretazione “sistematica”, che poiché coordina vari precetti normativi tra loro, ha valore superiore alla mera interpretazione letterale, specie quando essa invece di andare a cercare il significato espresso delle parole in connessione tra loro, valorizza il significato delle parole mancanti, costruendo così una presunta legittimità scaturente da una non dimostrata assenza di un divieto espresso.
Ora, l’interpretazione sistematica porta facilmente ad evidenziare che le stabilizzazioni sono un rimedio alla precarizzazione dei lavoratori pubblici, dovuto alla reiterazione di rapporti di lavoro a termine su fabbisogni, però, stabili, che, quindi, dovrebbero essere soddisfatti con contratti a loro volta stabili (oggi, questo è spiegato molto bene dall’articolo 36, commi 1 e 2, del d.lgs 165/2001).
Ma, se il contratto “precario” non è una soluzione erronea ad un fabbisogno continuativo, bensì un istituto per rispondere ad un fabbisogno per sua natura stessa a sua volta precario, non può esservi in radice alcuna illecita reiterazione di assunzioni a termine. Quelle assunzioni non possono che essere, infatti, a termine e, dunque, non possono essere a fondamento di una loro riconduzione a contratti a tempo indeterminato.
Queste considerazioni sono, fin dal 2007, alla base di un orientamento consolidato in giurisprudenza, ma anche nell’ambito degli organismi tecnici, contrario alla possibilità di stabilizzare i dipendenti privi di qualifica dirigenziale, assunti ai sensi dell’articolo 110 del d.lgs 267/2000.
Sul punto, fu chiarissimo il Parere Funzione Pubblica Uppa 14/2007: “il contratto assegnato intuitu personae, come quelli in esame, risulta escluso dal processo di stabilizzazione, essendo legato da un particolare rapporto di tipo fiduciario con l'organo di vertice che ha assegnato l'incarico. Lo stesso contratto, infatti, è caratterizzato, per sua stessa natura, dalla temporaneità e, dunque, l'incarico correlato è destinato ad esaurirsi con la scadenza del mandato politico”.
Non meno reciso fu il parere 19/2012 della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo della Sardegna: “è evidente che il fenomeno del lavoro precario è cosa ben diversa, concettualmente (ed anche storicamente e socialmente), dal conferimento di incarichi a contratto ex art.110 TUEL. In tale ultima ipotesi, infatti, per quanto anch’essa caratterizzata dall’esistenza ab origine di un termine finale del rapporto lavorativo, non vi è il ricorso ad una forma precaria di lavoro intesa in senso stretto, come ad esempio si deve dire per i lavoratori socialmente utili ovvero per i lavoratori assunti con cantieri di lavoro o con collaborazioni continuative, i quali svolgono attività per lo più contingentemente legata alle necessità del caso concreto (forme contrattuali che non a caso vengono espressamente richiamate a titolo esemplificativo dalle disposizioni normative regionali qui in esame) […]Non si può poi trascurare che l’eventuale “stabilizzazione” di un lavoratore assunto mediante incarico a contratto ex art.110 TUEL si risolverebbe, intuitivamente, nell’illegittimo superamento del principio del pubblico concorso per l’accesso al pubblico impiego (tanto più rilevante in questo caso in considerazione del livello delle funzioni attribuibili mediante incarichi ex art.110 TUEL)”.
Tutto chiaro dunque, no? No. Le amministrazioni locali hanno in modo diffuso insistito, invece, per interpretazioni ampliative e contrarie alle disposizioni normative, stabilizzando diffusamente anche lavoratori assunti ai sensi dell’articolo 110, privi di qualifica dirigenziale.
In conseguenza di ciò, è giunta anche qualche sparuta sentenza di condanna della Corte dei conti.
Esemplificativa e molto chiara è la sentenza della Sezione giurisdizionale per la Campania, 25 maggio 2017, n. 200, di condanna di amministratori e segretari comunali, per la stabilizzazione, tra l’altro, appunto di dipendenti privi di qualifica dirigenziale assunti con l’articolo 110, per altro senza prove selettive serie e, comunque, senza rispettare l’obbligo di limitare le stabilizzazioni al 50% delle assunzioni da effettuare e della quale riportiamo alcuni passaggi molto utili:
-         La stabilizzazione può avvenire, secondo la normativa richiamata (quella degli anni 2006-2007, nda), fermo restando il rispetto della generale disciplina in tema di assunzioni e di spese per il personale, solo al ricorrere di precise e specifiche condizioni. Considerando essenzialmente gli aspetti rilevanti per il presente giudizio, tra le condizioni richieste dalla legge, vi sono:
o       la stabilizzazione può riguardare solo il personale non dirigenziale;
o       l’assunzione alla base della procedura di stabilizzazione deve essere avvenuta “mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge”;
o       alle procedure di stabilizzazione del personale assunto mediante procedure diverse si provvede “previo espletamento di prove selettive”;
o       è richiesta una determinata anzianità di servizio;
o       le procedure di stabilizzazione potevano essere avviate purché, in sede di programmazione, fossero previste forme di assunzione dall’esterno in misura non inferiore al 50% dei posti da coprire (circolare della Presidenza del Consiglio, 18 aprile 2008, n.5). Quest’ultimo aspetto deriva dal consolidato orientamento della Corte costituzionale volto a consentire deroghe al principio generale del concorso pubblico, limitate sul piano qualitativo e quantitativo”;
-         Il conferimento del primo incarico risulta avvenuto a seguito di un avviso di indizione di selezione per titoli (avviso n.7 del 14 giugno 2002) per il quale non è stata provata la regolare pubblicazione. Tale avviso risulta, inoltre, privo di qualsiasi indicazione in ordine ai titoli o parametri oggettivi di valutazione per la selezione. L’art.5 dell’avviso si limita a prevedere che “il responsabile del servizio, esaminati i curricula, effettua la scelta tra i candidati ritenuti in possesso dei requisiti maggiormente rispondenti alle esigenze dell’ente, con prioritario riferimento al programma amministrativo”. E’ del tutto evidente, anche per il decisivo riferimento al “programma amministrativo” il carattere fiduciario della nomina effettuata. Non risulta la partecipazione alla suddetta selezione di altri candidati. E’ singolare la circostanza per la quale il giorno 1 luglio 2002 risulta, contemporaneamente, data di scadenza della domanda di partecipazione, data di adozione della determinazione n.5/2002 con la quale è stata individuata la omissis, data del decreto sindacale di conferimento dell’incarico di Vicesegretario comunale, data di stipulazione del contratto individuale di lavoro”. Come si nota, il comune interessato ha applicato la procedura simulata di selezione, consistita esclusivamente un una immotivata valutazione di curriculum;
-         Ricapitolando, i vari rapporti di lavoro a tempo determinato (lavoro subordinato o collaborazione coordinata e continuativa) instaurati dal personale successivamente stabilizzato con il Comune di Calvi non risultano preceduti, come richiesto dalla legge, da procedure selettive di natura concorsuale. Alle procedure indicate, per quanto è possibile evincere dalla documentazione agli atti, hanno partecipato i soli stabilizzati”;
-         Il Comune di Calvi ha successivamente proceduto alla stabilizzazione dei suddetti rapporti di lavoro precario, instaurati in assenza di procedure selettive di natura concorsuale, mediante una prova tecnico-pratica e una prova orale per ciascun procedimento al quale hanno partecipato, in quanto unici potenziali partecipanti, i soli vincitori stabilizzati”;
-         la stabilizzazione è avvenuta in assenza, in entrambi i momenti, di una procedura selettiva di natura concorsuale che presuppone, non solo lo svolgimento di prove teoriche e/o pratiche, ma anche la potenziale partecipazione di una pluralità di candidati: i rapporti di lavoro propedeutici alla stabilizzazione sono stati infatti instaurati a seguito di procedure, non selettive e non concorsuali, fondate sull’intuitu personae e la successiva stabilizzazione è avvenuta a seguito di procedure alle quali, in ogni caso, avrebbero potuto partecipare i soli stabilizzati (come infatti avvenuto)”;
-         A giustificare quanto accaduto non è sufficiente neppure affermare che solo i quattro soggetti stabilizzati erano in possesso dei requisiti per la stabilizzazione. Basta ricordare che l’ente avrebbe dovuto effettuare (e non solo programmare come sembra avvenuto) anche assunzioni dall’esterno e, quindi, una volta stabilito il fabbisogno del personale, avrebbe potuto eseguire procedure di stabilizzazione in misura inferiore al numero dei potenziali stabilizzandi. Ciò avrebbe determinato, automaticamente, una procedura concorsuale selettiva, sia pure riservata ad una specifica categoria di soggetti. La Corte costituzionale ha, infatti, sempre affermato che le deroghe al principio del concorso pubblico devono essere ragionevoli e limitate a particolari circostanze. Il giudice delle leggi ha costantemente ritenuto conforme ai principi di ragionevolezza e buon andamento la previsione di una riserva a favore del personale già in servizio (es. in tema di progressioni verticali) in misura non superiore al 50% dei posti effettivamente messi a concorso (ex multis, Corte cost. n.274/2003). Ciò non risulta avvenuto nel caso in esame. Significativi nel senso indicato e, quindi, dell’assenza di una procedura selettiva di tipo concorsuale anche prima della stabilizzazione sono ulteriori vari elementi: il carattere “intuitu personae” delle assunzioni risulta espressamente riportato in vari atti; la determinazione gestionale n.140/2008, con la quale veniva indetta la procedura di stabilizzazione, già individuava, con nome, cognome e qualifica, il personale (precedentemente assunto “intuitu personae”) da stabilizzare; la genericità dei parametri di valutazione previsti dal bando di stabilizzazione (allegato alla determinazione gestionale n.140/2008)”;
-         L’art.110 citato prevede la possibilità di coprire, mediante contratto a tempo determinato, posti di responsabile di uffici o servizi, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione. Tali contratti non possono avere una durata superiore al mandato elettivo del Sindaco. Non tutti i contratti stipulati in base alla normativa richiamata riguardano personale di qualifica dirigenziale. Fermo restando che la stabilizzazione, per espressa scelta legislativa, a prescindere dalla relativa fonte normativa, non può riguardare il personale di qualifica dirigenziale, analogo impedimento sussiste anche per i contratti stipulati ex art.110 per posti non dirigenziali (come quelli in esame), trattandosi di contratti caratterizzati dalla presenza di un particolare rapporto di fiducia con l’organo di vertice, legati anche cronologicamente al mandato del Sindaco e, per loro natura, temporanei.
-         L’illegittimità di una eventuale stabilizzazione di rapporti sorti ex art.110 del D.Lgs. n.267/2000, anche di contenuto non dirigenziale (come quelli in argomento), già prima dell’adozione dei relativi atti da parte del Comune di Calvi, era stata chiaramente affermata dalla giurisprudenza contabile (Sez. controllo Lombardia n.8/PAR/2008 e n.43/PAR/2008; Sez. controllo Piemonte n.25/PAR/2008) e da risoluzioni ministeriali (es. parere del Dipartimento della Funzione pubblica n.14/2007). Tale orientamento risulta peraltro confermato dalla Corte dei conti anche negli anni successivi (es. Sez. controllo Calabria n.456/PAR/2009, Sez. controllo Sardegna n.19/PAR/2012, Sez. controllo Puglia n.62/PAR/2012)”.
Sembra, dunque, di poter affermare che vi siano sufficienti argomentazioni per escludere radicalmente la possibilità di stabilizzare chi sia stato assunto ai sensi dell’articolo 110 del d.lgs 267/2000, anche se senza qualifica dirigenziale.
In ogni caso, il d.lgs 75/2017, forte di tutto il pregresso interpretativo e giurisprudenziale visto sopra, al comma 7 dell’articolo 20, dispone: “Ai fini del presente articolo non rileva il servizio prestato negli uffici di diretta collaborazione di cui all'articolo 14 del decreto legislativo n. 165 del 2001 o degli organi politici delle regioni, secondo i rispettivi ordinamenti, né quello prestato in virtù di contratti di cui agli articoli 90 e 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267”.
Sì, la norma non scrive esattamente che sono vietate le stabilizzazioni di dipendenti assunti con contratti ai sensi dell’articolo 110, limitandosi a sottolineare che non rileva il “servizio prestato” sulla base di queste norme. Ma, il significato unico da poter dare a questa previsione, alla luce delle interpretazioni consolidate, non può che essere appunto il divieto di stabilizzare chi sia stato assunto con l’articolo 110 (considerazioni identiche valgono per gli assunti ai sensi dell’articolo 90 del d.lgs 267/2000), possedesse o meno la qualifica dirigenziale.

Ogni domanda, in conclusione, rispetto all’applicabilità di una norma è lecita. Il problema è che, spesso, non sono lecite le risposte, se riferite al diritto per come si vorrebbe fosse, invece per come è. 

4 commenti:

  1. Ma se hai partecipato ad una selezione pubblica per l'assunzione ai sensi dell'art.110. Maturi 4 anni e mezzo di esperienza. Vieni riassunto sempre con l'art.110 e vieni riconfermato per 1,2,3 legislature e ai 4 anni e mezzo ne sommi altri 11 e mezzo, per complessivi 16 ANNI DI ESPERIENZA nella pubblica amministrazione, rinunciando alla libera professione per dedicarti a questo che diventa il tuo lavoro, come vedi la Madia, se non come DISCRIMANAZIONE. Non mi pare che le norme europee vadano in questa direzione ? ah, dimenticavo ... mai avute tessere politiche ....

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  2. non c'è alcuna precarizzazione, mancando l'abuso dell'utilizzo del contratto a termine. Se hai acquisito esperienza, ottimo. Non basta per aggirare le norme sull'accesso al lavoro pubblico.

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    1. Buonasera.
      Leggo con interesse: ma la violazione da parte della p.a. delle previsioni di cui all'art. 90 comma 3 bis (divieto di svolgimento di attività gestionali) potrebbe determinare un'utilizzazione "abusiva" della tipologia contrattuale e così agire sulla natura "fiduciaria" dell'incarico? Mi spiego meglio: se il lavoratore assunto con art. 90 tuel nello staff del sindaco (per vari mandati sindacali) svolgesse in realtà attività amministrativa a favore dell'Ente, si riporterebbe il contratto all'interno de c.d. contratti a termine con possibilità di estensione della stabilizzazione anche ad essi (quantomeno ai sensi dell'art. 20 comma 2 legge madia).

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  3. Buonasera.
    Leggo con interesse: ma la violazione da parte della p.a. delle previsioni di cui all'art. 90 comma 3 bis (divieto di svolgimento di attività gestionali) potrebbe determinare un'utilizzazione "abusiva" della tipologia contrattuale e così agire sulla natura "fiduciaria" dell'incarico? Mi spiego meglio: se il lavoratore assunto con art. 90 tuel nello staff del sindaco (per vari mandati sindacali) svolgesse in realtà attività amministrativa a favore dell'Ente, si riporterebbe il contratto all'interno de c.d. contratti a termine con possibilità di estensione della stabilizzazione anche ad essi (quantomeno ai sensi dell'art. 20 comma 2 legge madia).

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