martedì 1 marzo 2016

Accesso alla dirigenza: titoli (p)referenziali



Sul Corriere della sera del primo marzo 2016, Giovanni Valotti, docente della Bocconi, con l’articolo “La riforma necessaria per migliorare la dirigenza pubblica” si è esibito in una proposta che lascia semplicemente sbigottiti.
Il tema che affronta il Valotti è sempre lo stesso da anni. Il professore universitario ha collaborato con tutti i governi nell’elaborare le moltissime riforme, tutte “epocali”, della pubblica amministrazione e della dirigenza, salvo, poi, accorgersi nei convegni e sui media che quelle riforme non colgono nel segno. Puntualmente, pur essendo co-autore di riforme inefficaci, l’Autore viene sempre nuovamente coinvolto come consulente nella riforma successiva.
Da anni, Valotti sostiene l’idea che la selezione della dirigenza pubblica debba passare per un albo aperto all’ingresso di chiunque, secondo il modello dei segretari comunali ed in forma anche più spinta.
Purtroppo, l’idea è stata accolta in pieno dalla legge 124/2015, che prepara lo spazio per una dirigenza pubblica totalmente alla mercè della politica, non al servizio degli organi di governo che esprimono legittimamente un indirizzo politico.
E’ noto che la riforma Madia preveda la mera facoltà di conferire incarichi dirigenziali ai dirigenti di ruolo e contempla la possibilità di lasciare a casa chi al politico non aggradi, senza dover motivare alcun provvedimento di revoca dell’incarico o di licenziamento, ma con la semplicissima possibilità di lasciar decadere l’incarico, senza attribuirne uno nuovo.
Non pago, Valotti mette anche in discussione la selezione della dirigenza. Il punto di partenze è sempre quello di fantomatici “Paesi più avanzati” che non si sognerebbero nemmeno di fare concorsi selettivi. Controllando, si scopre che in Francia, Germania e Spagna per accedere alla dirigenza pubblica occorre superare fior di corsi di preparazione presso apposite scuole di formazione (l’Ena francese ne è l’emblema), affrontare esami di abilitazione e successive prove selettive per l’assunzione. Ma, l’assunto del Valotti passa come messaggio inconfutabile, sebbene solo in Gran Bretagna ed in Usa esistano sistemi di reclutamento fondati in forma prevalente sulla storia lavorativa, ma molto influenzati dalla formazione universitaria: la “carriera” nel pubblico è di fatto limitata a lauree provenienti da certe università e non altre: una sorta di privatizzazione del sistema di reclutamento, lasciata al mercato delle università, piuttosto che ad un sistema di selezione pubblico.
Il tutto, sa molto di mentalità anglosassone. Quella che risulta tanto, ma tanto lontana da quella italiana, come il Valotti finge di non sapere.
Tanto da spingersi a proporre la strabiliante ideona: “Nei Paesi europei più avanzati si sono introdotte da tempo metodologie di selezione professionali, capaci davvero di comprendere le qualità reali dei candidati, rispetto al ruolo da esercitare. Si valutano quindi le competenze manageriali, le abilità relazionali, le attitudini, l'orientamento al risultato, le capacità motivazionali. Si prende in grande considerazione la storia professionale delle persone, ovvero i risultati che sono stati capaci di produrre. Si raccolgono referenze, che nulla hanno a che fare con le raccomandazioni. Non c'è alcuna verifica delle conoscenze nozionistiche che si danno per scontate e rappresentano una precondizione, al punto che nessuno si sognerebbe di presentarsi ad un concorso se non le detenesse”.
Manca, in questa rappresentazione abbastanza fantasiosa di un mondo distintissimo dalla realtà, la “pagina del come”, che è quella chiesta – non si sa ancora per quanto – dalla nostra Costituzione, oltre che dalla logica.
Con elementi come quelli descritti dal Valotti, che l’Autore vorrebbe si introducessero per selezionare la dirigenza, come sarebbe possibile effettuare quella comparazione tecnica imparziale e a parità di condizioni, posta ad evitare che la scelta non sia cagionata solo da ragioni politiche?
Come si misurano, in un sistema nel quale la scelta della persona da assumere non è compita da un proprietario privato, ma da un preposto al governo dell’interesse generale, le competenze manageriali, le abilità relazionali e le attitudini? In cosa consiste, concretamente, il famoso “orientamento al risultato” perifrasi di grande suggestione, della quale nessun aziendalista è mai riuscito ad offrire una definizione minimamente comprensibile?
Ma, seriamente, il Valotti pensa che una selezione basata su “referenze” non si trasformi nella legalizzazione del mercato delle raccomandazioni, in Italia. Davvero il Valotti pensa si possa dare per scontato, in Italia, la conoscenza “nozionistica”? Non risulta, al Valotti, che nella PA sono stati selezionati moltissimi dirigenti, specie a contratto, frugando molto bene nel loro curriculum, ma alla ricerca della tessera di partito e non della competenza e del titolo di studio, tanto che sono una quantità industriale i capi di gabinetto di sindaci, i direttori generali di comuni e i dirigenti, colti con la sola terza media?
In un mondo anglosassone, calvinista e protestante, effettivamente nessuno che non abbia titoli e competenze si presenterebbe a nessuna selezione. In Italia si aprirebbero le cateratte.
Senza alcun modo per poter avere contezza delle ragioni vere della scelta. Con paradossi romanzabili come segue.
Selezione del candidato 1
- Presidente Selezionatore: “buongiorno. Parliamo del suo curriculum. Quanto è orientato al risultato?”
- Candidato 1: “oh. Moltissimo. Pensi che ho preso un cane di razza per allevarlo al solo scopo di ottenere premi nelle mostre canine. La performance, per me è il massimo: uso solo prodotti cosmetici “perché io valgo””.
- P S: molto bene. Si vede che ha la qualità del leader. E che risultati ha ottenuto nella sua vita professionale?
- C 1: “oltre a 3 premi nelle mostre canine, ho svolto sempre le mie attività con passione e forte motivazione. Mi sono interessato dell’edilizia e urbanistica, utilizzando modelli manageriali”.
- P S: “ha, per caso, delle referenze? Referenze, eh! Non raccomandazioni…”
- C 1: “ma certo. Guardi qui: la lettera del Monsignore, quello stesso che ha partecipato all’inaugurazione della Scuola di management che Lei dirige, ricorda? Poi, ecco qui: tutte referenze positive dei docenti della Scuola di management che Lei dirige, forte no? E, poi, guardi: il sindaco, che ha indetto la selezione, mi referenzia benissimo”.
- Membro della commissione selettiva: “scusi, ma questa è una selezione per dirigente del settore personale: cosa c’entra la sua esperienza in campo edilizio ed urbanistico? Ha titoli di studio che riguardino il personale? Vedo, per altro, che è laureato in biolgia…”
- C 1: “ma, signor Presidente della commissione! Mi meraviglio della domanda. Scusi, è scontato che io abbia cognizioni nozionistiche adeguate managerialmente  e con motivazione orientata al risultato all’incarico dirigenziale cui aspiro! Che domande sono?”
- P S: “giusto, il candidato ha ragione. Non si sarebbe certo presentato se non disponesse delle conoscenze necessarie. E’ ovvio no? Vada, vada pure, grazie, un saluto al Monsignore!”.

Selezione del candidato 2
- Presidente Selezionatore: “buongiorno. Parliamo del suo curriculum. Quanto è orientato al risultato?”
- Candidato 2: “Molto. Ho sempre cercato di attuare le previsioni organizzative e normative nel loro rispetto, in particolare contenendo le procedure nei tempi amministrativi”.
- P S: “Mah. Sa molto di burocrazia. L’orientamento al risultato, mi consenta, è altro. Ma, risultati ha ottenuto nella sua vita professionale?
- C 2: “ho vinto il concorso da funzionario, piazzandomi primo. Poi, ho anche ottenuto a pieni voti il master nella gestione delle risorse umane pubbliche e grazie a questo ho potuto acquisire alcune progressioni orizzontali ed effettuarne una verticale. Poi, sono passato ad un ente di maggiori dimensioni, sempre grazie ad un concorso nel quale ho potuto avvalermi dell’esperienza, attestata anche dalle valutazioni positive, che esibisco.”.
- P S: “Sì, d’accordo, maha, per caso, delle referenze? Referenze, eh! Non raccomandazioni…”
- C 2: “Veramente... no. Ho, però, come dicevo qui tutti i verbali dei dirigenti che mi hanno sempre valutato positivamente”.
- Membro della commissione selettiva: “scusi, questa è una selezione per dirigente del settore personale: La sua è una laurea pertinente?”
- C 2: “direi di sì. Sono laureato in giurisprudenza, ho il master in gestione delle risorse umane, ho anche degli scritti in queste riviste specializzate che esibisco, sto frequentando adesso un master nelle relazioni industriali”
- P S: “Abbiate pazienza: questi elementi non interessano. Le conoscenze nozionistiche sono un dato scontato. Non so, dottore, vedo la buona volontà, ma l’orientamento al risultato… le referenze… Le faremo sapere. Buongiorno”.


1 commento:

  1. Grande Luigi!
    Purtroppo viviamo in questo tempo e dobbiamo bere il calice amaro fino in fondo.
    Di questo andare vedremo sicuramente situazioni pessime.
    Finché lo schifo riuscirà a stomacare anche i fautori di queste riforme e, forse, dico forse, solo allora cominceremo a risalire...
    Nel merito del pittoresco articolo di Valotti, faccio notare come per dimostrare la sua tesi dell'abolizione dei concorsi, richiami la memoria di quei (bravi) dirigenti del dopoguerra che avevano vinto fior di concorsi, sicuramente più seri di quelli di oggidì... Quindi si contraddice senza alcun pudore.
    Un caro saluto.
    Roberto Napoletani

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