sabato 14 marzo 2015

#Province La riforma causa un buco da 3 miliardi

buco bilancio

La spesa complessiva delle province si è ridotta in modo clamoroso dal 2010, quando ammontava a euro 11.501.319.415. E’ passata nel 2014 a 8.970.477.532 miliardi, una riduzione in soli 894 anni del 22,0048%! Lo dimostra questa tabella tratta dal Dossier Upi sulle spese delle province, aggiornato al febbraio 2015.



























20132014 VARIAZIONE
SPESA CORRENTE7.617.896.5607.296.619.337-4,53
SPESA C CAPITALE2.732.765.4281.673.858.195-38,7
TOTALE10.350.661.9898.970.477.532-13,3

 

Ora, sulla questione della manovra alle province, tutti stanno commettendo un errore clamoroso nell’effettuare i conteggi dei cosiddetti “tagli”, a partire dalla stessa Upi, che ha aggiornato al 2015 il quadro sconfortante della situazione finanziaria delle province.

 



























































le manovre20112012201320142015
dl 78/10300200500500500
dl 201/11415415415415
dl 95/125007001.2001.250
dl 66/14444576
l.n.190/14 (Legge di stabilità)1.000
totale riduzioni in milioni di euro3001.1151.6152.5593.741

 

Sull’importo complessivo dei tagli inferti alle province a partire dal 2011, 3,741 miliardi, in realtà i tagli veri e propri ammontano a euro 2,165 miliardi, somme a suo tempo effettivamente sottratte ai flussi finanziari che lo Stato versava alle province. La somma restante, 1,576 miliardi, invece, non è un taglio, ma una spesa che le province debbono continuare a sostenere, destinandola, tuttavia, non alle proprie funzioni, ma al bilancio dello Stato, ai sensi del d.l. 66/2014 e della legge 190/2014. Tale somma, nel 2016 diverrà di 2,576 miliardi e di 3,576 miliardi.

Vediamo, allora, cosa non torna nei conti.

Guardiamo al dato della spesa corrente del 2013, che dall’Upi era stata “spacchettata” (sulla base dei dati Siope), come segue:

  • Edilizia scolastica, funzionamento delle scuole e formazione professionale: 1,904 miliardi.

  • Mobilità, Trasporti:                                                             1,638 miliardi.

  • Gestione del territorio, urbanistica e viabilità:                         1,793 miliardi.

  • Tutela ambientale:                                                                         1,342 miliardi.

  • Sviluppo economico - Servizi per il mercato del lavoro:             0,943 miliardi.

  • Promozione della cultura:                                                             0,168 miliardi.

  • Promozione del turismo e dello sport:                                     0,153 miliardi.

  • Servizi sociali:                                                             0,235 miliardi

  • Personale:                                                                                     2,018 miliardi.


Si tratta dell’applicazione dell’intera spesa, comprensiva anche di quella in conto capitale, alle principali aggregazioni previste dai bilanci. In grassetto, abbiamo scritto le spese connesse alle funzioni fondamentali che resteranno alle province: la somma è di euro 6,677 miliardi, cui sommare altri 1,198 miliardi, pari alla spesa del personale dedicato a queste funzioni, circa il 60% del totale. Complessivamente, nel 2013, la spesa per le funzioni fondamentali ammontava dunque ad euro 7,875 miliardi, dei quali 2,733 in conto capitale, da considerare riferita solo alle funzioni fondamentali (che comprendono gli investimenti in scuole, strade e patrimonio). Ciò vuol dire che la spesa corrente connessa alle funzioni fondamentali nel 2013 era stata di euro 3,944 miliardi.

La spesa per funzioni non fondamentali era stata, invece, di euro 1,499, miliardi, più 0,820 miliardi di spesa di personale, per complessivi euro 2,319.

Facciamo, adesso, un’operazione un po’ sommaria per capire cosa è successo nel 2014, rapportando le spese censite dall’Upi nel 2014 in percentuale sul nuovo volume di spesa di 8,970 miliardi. Prima rapportiamo le spese fondamentali, comprensive delle spese di investimento, al nuovo volume di spese, che se nel 2013 incideva sul totale delle spese fondamentali per il 40,93%, nel 2014 ha inciso per il 28%, riducendo così proporzionalmente la spesa. Poi, applichiamo su tutte le voci, la riduzione della spesa corrente tra 2013 e 2014, pari al 4,53%. La nuova scala delle spese dà questo risultato, molto vicino alla realtà, anche se impreciso:

  • Edilizia scolastica, funzionamento delle scuole e formazione professionale: 1,621 miliardi.

  • Mobilità, Trasporti:                                                             1,395 miliardi.

  • Gestione del territorio, urbanistica e viabilità:                         1,527 miliardi.

  • Tutela ambientale:                                                                         1,143 miliardi.

  • Sviluppo economico - Servizi per il mercato del lavoro:             0,900 miliardi.

  • Promozione della cultura:                                                             0,160 miliardi.

  • Promozione del turismo e dello sport:                                     0,146 miliardi.

  • Servizi sociali:                                                             0,224 miliardi

  • Personale:                                                                                     1,927 miliardi.


Notiamo che la spesa per funzioni fondamentali ammonta a circa 5,686 miliardi, più 1,107 miliardi per personale, per complessivi 6,793 miliardi.

Insomma, a regime la spesa corrente per le funzioni fondamentali si aggira sempre sui 5,1 miliardi, ai quali aggiungere circa 1,6 miliardi di spesa in conto capitale.

La spesa per le funzioni non fondamentali resta piuttosto stabile: 1,43 miliardi, oltre 0,820 per spesa di personale, per complessive 2,25 miliardi circa.

Allora, cosa non funziona?

Rifacciamo i conti, partendo da un diverso punto di vista, quello del fabbisogno. Per gestire i servizi le province spendono circa:

5,10 miliardi di spesa corrente per funzioni fondamentali;

1,60 miliardi di spesa in conto capitale per funzioni fondamentali;

2,25 miliardi di spesa corrente per funzioni non fondamentali.

La legge 190/2014 ha aggiunto a questo fabbisogno di 7,35 miliardi di spesa corrente circa, ancora tutta da gestire perché le funzioni non fondamentali non sono state riattribuite ad altri enti, un fabbisogno ulteriore di 1,576 miliardi, che sono di spesa corrente, che le province debbono erogare allo Stato.

Questa somma di 1,575 miliardi dovrebbe essere ridotta, dunque, dalle spese correnti. Se si riuscisse a riordinare le funzioni nel 2015 a decorrere dall’1.1.2015 (il che è impossibile) il fabbisogno delle province risulterebbe, allora:

5,10 miliardi di spesa corrente per funzioni fondamentali;

1,60 miliardi di spesa in conto capitale per funzioni fondamentali;

2,25-1,576= 0,674 miliardi di spesa corrente per funzioni non fondamentali. I bilanci, in teoria, potrebbero quadrare, a condizione che qualche ente si accolli le spese per la gestione delle funzioni non fondamentali.

Cosa succede nel 2016? La spesa corrente che si aggiunge al fabbisogno, per effetto della legge 190/2014, sale a 2,576 miliardi. Il riordino delle funzioni non basta più. Vediamo come risulta il fabbisogno:

5,10 miliardi di spesa corrente per funzioni fondamentali;

1,60 miliardi di spesa in conto capitale per funzioni fondamentali;

2,25-2,576= -0,326 miliardi di spesa corrente per funzioni non fondamentali. Le province si ritroverebbero con la necessità di tagliare 326 milioni alla spesa corrente per gestire le funzioni fondamentali.

Nel 2017 va ancora peggio, perché il versamento in spesa corrente ulteriore al fabbisogno passa a 3,576 miliardi. La situazione sarebbe:

5,10 miliardi di spesa corrente per funzioni fondamentali;

1,60 miliardi di spesa in conto capitale per funzioni fondamentali;

2,25-3,576= -1,326 miliardi di spesa corrente per funzioni non fondamentali.

Dunque, occorrerebbe sottrarre alla spesa corrente per funzioni fondamentali 1,326 miliardi.

I conti non tornano.

Ragionando sui grandi numeri, a regime la manovra finanziaria crea due buchi, pari a circa i 3 miliardi che impone alle province di versare allo Stato in progressione crescente dal 2015 al 2017. Quasi 1,3 miliardi sono un vero e proprio buco che si crea nei fabbisogni delle funzioni fondamentali, tale da mandare in dissesto le province e creare entro poco tempo non solo dei sovrannumeri, ma veri e propri esuberi di migliaia di dipendenti provinciali. Un altro buco, di quasi 2,2 miliardi, è legato al reperimento dei finanziamenti per la gestione delle funzioni non fondamentali, che qualche ente, regioni o altri, dovranno accollarsi, ripartito in circa 820 milioni per il personale (lo Stato si addosserebbe, tra mobilità del personale e creazione dell’Agenzia per il lavoro solo questa tipologia di spesa), e 1,2 miliardi in spese di gestione: utenze, approvvigionamenti, patrimonio, spese generali. In sostanza, queste spese sono addossate indirettamente alle regioni, costrette, nel caso le riattribuissero ai comuni o alle stesse province, a finanziare ai sensi dell’articolo 119 della Costituzione.

In conclusione, mancano 3 miliardi circa. Se non si reperiscono, la riforma non potrà produrre alcun riordino, nessuna razionalizzazione, ma molta confusione e migliaia di licenziamenti.

2 commenti:

  1. […] buco per le province di simile portata, a regime. Lo abbiamo dimostrato noi sul piano finanziario qui. Lo ha confermato il Dipartimento della Funzione Pubblica nella recente nota esplicativa alla legge […]

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  2. […] ha da sempre evidenziato l’assoluta insostenibilità ed erroneità dei calcoli del Governo (https://rilievoaiaceblogliveri.wordpress.com/2015/03/14/3285/). In effetti, non ci voleva nulla a fare un po’ di conti e scoprire che l’intera impalcatura […]

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