sabato 15 febbraio 2014

#Dirigenza pubblica, dati sbagliati alla caccia dello spoil system #PA #lavoro

Il tema della dirigenza pubblica è più che mai al centro dell’attenzione, soprattutto dopo le anticipazioni del Jobs Act. Per ora sembra messa da parte la voglia di spoil system piuttosto evidentemente espressa dal segretario del Pd e, comunque, da chiunque ritenga che la politica debba potere estendere le sue funzioni per mano di dirigenti a sé conformi e legati, l’argomento principale è quello dei costi della dirigenza e del numero dei dirigenti.


Il perché di questo apparente sviamento dell’attenzione è semplice. Se il Jobs Act afferma che la dirigenza debba essere solo a tempo determinato, è necessario dimostrare che i dirigenti sono troppi, troppo pagati e, possibilmente, inefficienti o, quanto meno, non correttamente valutati.

E’ esattamente il contenuto dell’inchiesta de L’Espresso del 14 febbraio 2014, titolo “200.000 Poltrone” e secondo titolo “Super burocrati”.

L’inchiesta è, volutamente, intrisa di imprecisioni sin dal primo titolo, che parla di 200.000 dirigenti presenti nella pubblica amministrazione.

Vediamo i passaggi fuorvianti. L’inchiesta cita uno studio della Cisl funzione pubblica, che non fa altro se non riprendere (correttamente) i dati forniti dalla delibera 9/2013 delle Sezioni Riunite della Corte dei conti, in tema di Relazione sul costo del personale del 2012. La magistratura contabile rileva 168.000 dirigenti. E già ne mancano 32.000 rispetto al titolone proposto.

Come si raggiunge, allora, la cifra di 200.000 dirigenti? Col trucco demagogico. Si aggiungono, infatti, 16.000 ufficiali delle forze armate, 3987 dirigenti dei corpi di polizia e 9754 magistrati. Questo, perché, secondo l’inchiesta si tratta di “figure che, per ruolo e reddito, sicuramente vanno considerate nel novero della dirigenza”.

Tale ultima affermazione, da sola, vale ad evidenziare il valore “scientifico” dell’inchiesta, confermando che si tratta esclusivamente di uno studiato intento, volto a rendere la dirigenza nulla più che un cuscinetto tra politica e responsabilità.

Il primo clamoroso e imperdonabile errore è considerare i magistrati “nel novero della dirigenza”. Si tratta di calpestare l’ABC del diritto costituzionale. La Magistratura è un potere dello Stato. Basterebbe leggere l’articolo 104, comma 1, della Costituzione per comprendere la clamorosità dell’errore dell’inchiesta: “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”. Ora, i magistrati e l’ordine giudiziario, proprio perché si tratta di un potere, sono totalmente indipendenti dagli altri poteri e, dunque, in particolare, dalla politica.

Chi fa un’inchiesta sulla dirigenza dovrebbe sapere che, esattamente all’opposto, la dirigenza è un “apparato servente” della politica, in quanto è un apparato dello Stato e non un potere indipendente. I dirigenti sono organi autonomi, che debbono, però, rispondere alle direttive degli organi di governo.

Ma, i dirigenti veri e propri, altra nozione basilare che ai redattori dell’inchiesta, volutamente o meno, è sfuggita, non sono coloro che abbiano un certo reddito o ruolo. Sono, appunto, organi non elettivi, che formano e manifestano la volontà dell’amministrazione, attivando rapporti negoziali con terzi, gestiscono risorse economiche, strumentali e umane, dirigono e organizzano gli uffici, amministrano il personale con i poteri del privato datore di lavoro, si impegnano a rispettare determinati obiettivi operativi per i quali vengono valutati.

Mancando uno solo di questi presupposti, non si è dirigenti. Gli ufficiali delle forze armate, dunque, non possono e non debbono essere considerati nel novero della dirigenza, altre essendo le loro funzioni e competenze. In parte, il medesimo ragionamento vale anche per alcuni dirigenti dei corpi di polizia.

Ma l’errore più clamoroso è considera appunto tra la dirigenza il gruppone della “dirigenza medica”. In effetti, a chiosa dell’inchiesta de L’Espresso, un articolo di Innocenzo Cipolletta (Il merito non paga e tutti si fermano) evidenzia che vi sono 135.000 dirigenti medici, fenomeno che costituisce una delle reali anomalie della pubblica amministrazione.

Il numero altissimo di dirigenti medici, praticamente tutti i medici del servizio sanitario nazionale hanno qualifica dirigenziale, rappresenta uno degli emblemi del malgoverno delle regioni e dei danni immensi della riforma del Titolo V della Costituzione. Le regioni hanno creato un vero e proprio esercito di qualifiche dirigenziali in uno dei sistemi meno trasparenti (per fortuna, tranne pesanti eccezioni, mediamente abbastanza efficiente) e meritocratici dell’ordinamento pubblico.

Dunque, tutto al contrario di quanto strombazza l’inchiesta, defalcati soggetti che con la dirigenza non hanno nulla a che vedere, i dirigenti veri e propri sono 33.000, altro che 200.000.

Escludendo i 167.000 pseudo dirigenti, 33.000 dirigenti vero e propri su restanti 3 milioni circa di dipendenti senza qualifica dirigenziali porta ad una media di un dirigente ogni 91 dipendenti.

L’analisi corretta dei dati, smentisce drasticamente le conclusioni demagogiche ed orientate, delle troppe inchieste che partono da dati reali, per poi condirli e contornarli con “personalizzazioni” che le distorcono totalmente, in modo da ingenerare nei lettori convincimenti purtroppo del tutto infondati.

Il numero dei dirigenti propriamente detti rispetto ai dipendenti non è affatto elevato, sebbene ovviamente si tratti di una media sui grandi numeri, che può nascondere situazioni di cattiva organizzazione, nelle quali possono esservi i famosi casi di dirigenti “di se stessi”.

Un’ulteriore distorsione delle informazioni in merito è data dalla parte finale dell’articolo, che richiama il rapporto Ocse, secondo il quale i dirigenti pubblici guadagnano in media oltre 650.000 dollari.

Si è trattato, all’evidenza, di un rapporto clamorosamente errato, che, però, continua ad essere strombazzato come fosse l’oracolo.

Le retribuzioni medie della dirigenza, rilevate dalla già citata deliberazione 9/2013 della Corte dei conti dicono tutt’altra cosa:

per il comparto ministeri, la retribuzione media è 93.571 euro l’anno;

per le agenzie fiscali, la retribuzione media è 89.050 euro l’anno;

per la presidenza del consiglio dei ministri, 133.163 euro l’anno;

per i dirigenti scolastici, la retribuzione media è di 66.603 euro l’anno;

per i dirigenti delle istituzioni di alta formazione artistica e musicale 50.974 euro l’anno;

per i dirigenti degli enti pubblici non economici, 145.172 euro l’anno;

per i dirigenti medici del servizio sanitario nazionale, 74.130 euro l’anno;

per i dirigenti non medici del servizio sanitario nazionale, 65.877;

per i segretari comunali, la retribuzione media è di 94.992 euro l’anno;

per i dirigenti di regioni ed enti locali, 99.972 euro l’anno;

per i dirigenti delle università, 95.240 euro l’anno;

per i dirigenti delle istituzioni ed enti di ricerca, 113.194 euro l’anno.

E’ perfettamente evidente che la stima dell’Ocse è erronea, in quanto limitata ad alcune, pochissime, posizioni dirigenziali di vertice in alcuni ministeri (ne presero in considerazione 6).

Si tratta, in particolare, proprio della dirigenza negli uffici di diretta collaborazione dei ministri o posta negli uffici di gabinetto, o direzioni generali o segreterie generali. Esattamente quel tipo di dirigenza in gran parte reclutata dall’esterno, in applicazione dell’articolo 19, commi 5 e 6, del d.lgs 165/2001, direttamente incaricata per via fiduciaria e senza selezione alcuna dall’organo di governo.

Insomma, se l’intento di inchieste, ormai francamente trite e ritrite, è dare l’idea che la dirigenza risulti composta da troppe persone e troppo pagate, sicchè il rimedio è una dirigenza solo a tempo determinato, nelle mani della politica, che possa disporre del potere anche di morigerarne i costi, l’analisi approfondita dei dati rivela che la realtà è totalmente diversa.

La dirigenza di gran lunga più costosa, i cui trattamenti economici trascinano verso l’alto le medie, è proprio quella cooptata dai politici, per via fiduciaria. Ed è la dirigenza che meno riesce a garantire l’imparzialità dell’azione amministrativa, essendo reclutata proprio perché contigua alla politica.

I rimedi alle storture, che certo esistono, nell’amministrazione pubblica, non sono certamente l’incremento del potere di influenza della politica sulla dirigenza, che è già troppo e troppo forte.

Esattamente all’opposto, occorrerebbe incidere sul potere di cooptazione, che non garantisce per nulla professionalità e autonomia, ma sicuramente implica retribuzioni elevatissime. Come, anche, risolvere antinomie evidenti, come il costo medio spropositato della dirigenza della presidenza del consiglio dei ministri, o il numero eccessivo di dirigenti medici nel servizio sanitario nazionale, che fa apparire l’Italia come covo di un esercito di super burocrati, in realtà inesistente.

Poi, possono anche essere prese in considerazione misure di riduzione o contenimento della spesa, come quelle proposte dal Prof. Perotti, che suggerisce una riduzione del 20% dei trattamenti economici medi, ma calcolati, nelle sue inchieste su La Voce.info, in modo da ricavare risultati di circa il 20% superiori a quelli evidenziati dalla Corte dei conti.

Se non ci si riesce a mettere d’accordo nemmeno sui numeri, quantità di dirigenti propriamente detti, ed effettiva media ed incidenza della spesa, è evidente che i rimedi proponibili sono buoni, sostanzialmente, solo per inchieste “a sensazione”, che purtroppo invece di fornire elementi di conoscenza, alimentano solo artatamente una inestricabile confusione.

 

 

 

3 commenti:

  1. […] Camera dei Deputati, Corte Costituzionale, Authorities. Non vado oltre: invito alla lettura del pezzo di Luigi Olivieri, dirigente pubblico e commentatore su Lavoce.info, per smontare questo castello […]

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  2. […] Camera dei Deputati, Corte Costituzionale, Authorities. Non vado oltre: invito alla lettura del pezzo di Luigi Olivieri, dirigente pubblico e commentatore su Lavoce.info, per smontare questo castello […]

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